La Vulvodinia è stata descritta per la prima volta, nella letteratura ginecologica, da I.G. Thomas nel 1880, come “ un’eccessiva sensibilità delle fibre nervose deputate all’innervazione della mucosa vulvare in una parte ben precisa della vulva stessa”.
Poi, nel 1888, il Dottor Skene descrisse la malattia così: “Quando le dita toccano le parti iperestesiche (di esagerata eccitabilità sensitiva), la paziente lamenta dolore così forte che piange”.
Nel 1928 il Dottor Kelly descrive “aree di arrossamento particolarmente sensibili localizzate a ridosso dell’anello imenale”.
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📞 Chiama OraAl congresso mondiale di vulvologia, nel 1975, viene descritta come la sindrome della “vulva che brucia”.
Nel 2004 l’International Society for the Study of Vulvovaginal Disease (ISSVD) descrive la Vulvodinia come: “Fastidio vulvare, spesso bruciore, in assenza di alterazioni visibili, o di problematiche neurologiche”.
Sulla base di studi clinico-sperimentali, di alta qualità, pubblicati nell’ultimo decennio, è stato introdotto il concetto di dolore vulvare conseguente a una causa chiaramente identificabile. Quando invece, l’origine del disturbo vulvare non è chiaramente riconoscibile si pone la diagnosi di Vulvodinia, dove il dolore vulvare deve avere una durata di almeno tre mesi e nella quale sono presenti fattori potenzialmente associati.
Letture consigliate:
- Bornstein J. Goldstein AT, Stockdale CK, Bergeron S, Pukall C, Zolnoun D, Coady D. 2015 ISSVD, ISSWSH, and IPPS Consensus Terminology and Classification of Persistent Vulvar Pain and Vulvodynia. J Sex Med. 2016;13:607-612